Sì, c'ero anch'io ...

Sì, è vero, c’ero anch’io l’altro giorno. In fondo a tutto, seduta timidamente, mi nascondevo dietro mio marito. Ti sarai senz’altro accorto di me, a causa della mia voce. Nella confusione delle preghiere recitate per te, ce ne era una un po’ stonata, che non seguiva la cadenza della tua Terra e della tua amata città. Aveva una inconfondibile flessione partenopea.
No, non ci siamo conosciuti di persona. Ero lì perché conosco tuo figlio, e tua nuora. Loro hanno la mia età, quello che è successo a loro potrebbe capitare anche a me. E questo mi confonde, e mi atterrisce…
Avevo fretta di tornare a casa, era ora di pranzo per il mio bimbo, eppure sono rimasta fino alla fine. Ti sarai commosso per le parole del tuo amico sull’altare. La cosa strana è che mi sia commossa io. Che non ti ho conosciuto, che non ho vissuto  i tuoi proverbiali scherzi: che non ti ho visto essere marito e padre esemplare, che non sono venuta in montagna con te, e tantomeno in trasferta e allo stadio. Ma nelle parole del tuo amico riconoscevo tanti volti familiari. I volti dei padri delle mie amiche e dei miei amici, quelli con i quali sono cresciuta, e … ho paura a dirlo… anche quello di mio padre.
Vi somigliate un po’ tutti, voi della vecchia generazione: passioni totalizzanti, grandi lavoratori, padri spesso presenti, padri sempre disponibili, che non hanno mai perso il gusto di sentirsi raccontare le storie dei loro figli, padri severi, ma magnanimi.
Uomini che non hanno conosciuto la noia, che non hanno vissuto realtà virtuali, che non hanno mai perso di vista i loro veri amori.
Per questo rimanete delle colonne. L’ago della bilancia del nostro generazionale precario equilibrio. Per questo non potete permettervi il lusso di stare male. Non potete permettervi il lusso di lasciarci soli.
Per questo piangevo a dirotto, pur non sapendo niente di te. Per questo la mia stonata preghiera partenopea non hai potuto fare a meno di sentirla anche tu.
Riposa in pace.

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