Scrivere è un mestiere pericoloso, Alice Basso

Titolo: Scrivere è un mestiere pericoloso
Autore: Alice Basso
Pubblicazione: Milano : Garzanti, 2016
Pagine: 312


Andavo, con questa lettura, sul sicuro. E' un po' così quando conosci già i personaggi. Vani, la giovane ghostwriter, neanche tanto orgogliosa di esserlo, consulente del commissario Berganza, è alle prese con la scrittura  di un libro di cucina in collaborazione con una patinata blogger.
Si tratta di intervistare l'ormai anziana storica cuoca di una prestigiosa famiglia di imprenditori tessili. Tra ricordi legati alla vita quotidiana e ricette di casa, viene fuori una bizzarra confessione di un delitto avvenuto molti anni prima e, apparentemente, già risolto.
Ed ecco due buoni motivi per frequentare meglio il commissario, per il quale facevo il tifo dallo scorso romanzo. Berganza, insospettabile talento in cucina, si offre galantemente di aiutarla con le ricette, in cambio di una stretta collaborazione sulla confessione che sembra rimescolare le carte del caso già archiviato.
Questa la trama principale, alla quale si affianca
la scrittura di una canzone, cui Vani cede per pura amicizia con l'adolescente vicina di casa,
il caso del nipote sedicenne di Berganza,
 un corso di autodifesa,
la ricomparsa del suo ex, Riccardo, scrittore di successo,
vari flashback sulla sua infanzia.
Che Alice Basso scrivesse bene, era già una certezza: è ironica, divertente, tratteggia i personaggi a tutto tondo, lascia indizi qua e là per orientare il lettore più attento, ma sa dosarli in misura giusta, per non rovinare la soluzione finale al giallo. E poi c'è l'ingrediente letterario, che per una lettrice compulsiva, è davvero la ciliegina sulla torta. Questo continuo citare e rimandare a romanzi, personaggi, generi, letture affrontate ad una certa età, è una vera goduria sia quando si sa bene di cosa si parla, sia quando non lo si sa, ma lo si vorrebbe sapere.
Troviamole un paio di difetti allora: Vani, per esempio. Pensavo avesse imparato un po' di mobidezza dalla scorsa avventura, invece l'ho ritrovata di nuovo eccesivamente arroccata a sé stessa.
Punto due: troppo  lungo, in alcuni punti allunga il brodo: 300 pagine sono troppe.
Quello che è sicuro, è che ci sarà un seguito: non ci può lasciare così, con quello sguardo premonitore di cose belle. Aspettiamo il terzo, allora, per sospirare un po', tanto per dare un posticino anche alla Jane Austen che, pur nascosta da qualche parte, magari seppellita sotto i vari russi tanto amati da Vani, può sempre tornare alla ribalta, almeno spero.


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