Tanti piccoli fuochi, Celeste Ng

Simone Massoni
Ogni tanto decido di farmi male con qualche cinico romanzo sugli adolescenti.
Probabilmente è un modo per scongiurare il peggio, avendo Bimba da poco compiuto 11 anni.
Per fortuna tutta questa apparente perfezione familiare nella quale si annida il disagio adolescenziale non mi appartiene, e dunque nutro più facilmente la speranza che dalla mia strampalata famiglia possa venir fuori un'adolescenza nella media, senza troppi introppi.

Shaker Heights è un quartiere residenziale per famiglie benestanti, ma non solo. In realtà è una filosofia di vita applicata alla realtà: un'utopia urbanistica nella quale la pianificazione, il controllo estetico e il comfort equivalgono alla felicità. Una realtà rassicurante, nella quale altri hanno deciso la cornice della propria esistenza: dal colore delle pareti alle scuole, e a te non resta che essere felice.
La famiglia Richardson è l'emblema di Shaker Heights: giovani, ricchi, lui avvocato, lei giornalista, 4 figli, perfettamente integrati nella loro regolare realtà. L'univoca a fare eccezione è Izzy, la loro ultima figlia (la matricola, la pecora nera, la scheggia impazzita), che scatena il putiferio che poi dà origine a questa storia.
Il suo personaggio, in realtà, rimane un po' in sordina per tutto il romanzo, come se da dietro le quinte osservasse, cogliesse, a volte fraintendendo, e infine si ribellasse. Il suo gesto giunge inatteso, come inatteso può essere un qualsiasi gesto estremo nella vita dei Richardson.
La crepa nella loro idilliacca esistenza si crea con l'arrivo di Mia e Pearl, madre e figlia, affittuarie del piccolo bilocale di proprietà della famiglia. L'amicizia tra Pearl e i ragazzi Richardson apre le prospettive di entrambi. Una nomade e squattrinata, gli altri stanziali e benestanti. Subiscono il fascino reciproco. Non altrettanto le loro madri.
E poi, il caso che fa parlare e divide tutto il quartiere: l'affidamento di una bambina cinese abbandonata presso una stazione dei pompieri ad una famiglia amica dei Richardson, e la rivendicazione postuma della giovane madre naturale.

Tema portante del romanzo è la maternità: questo universo imperfetto e precario, sfaccettato e complesso. Maternità surrogata, sterilità, conflittualità, adozione, aborto, femminilità, sfida, coraggio, : il tutto viene trattato senza sconti, dando il giusto peso ad ogni aspetto, ma senza fornire risposte. Celeste Ng accende dei focolai, insinuando lesioni nelle certezze, e offrendo il tempo per elaborare e confutare.
  Una scrittura nitida, che a volte indugia nel ribadire, che indaga nell'ipocrisia e nella solitudine, che predilige la fragilità adolescenziale, con le sue responsabilità e le sue attenuanti, che non condanna ma riflette.

Avevo già conosciuto Celeste Ng al suo esordio, con Quello che non ti ho mai detto, si conferma una scrittrice da seguire.

"Con l’adolescenza i gesti d’affetto della figlia erano diventati rari – un bacetto sulla guancia, un mezzo abbraccio svogliato – e per questo ancora più preziosi. Era così che andavano le cose, si era detta Mia, ma quanto era dura. Un abbraccio di tanto in tanto, la testa appoggiata per un istante sulla tua spalla, quando la cosa che avresti voluto più di ogni altra era cingerli tra le braccia e tenerli talmente stretti da diventare una cosa sola e inseparabile. Era come allenarti a vivere del solo profumo di una mela quando in realtà avresti voluto divorarla, affondarvi i denti e consumarla fino ai semi, al torsolo, tutto quanto."

Titolo: Tanti piccoli fuochi
Autore: Celeste Ng

Traduttore: Manuela Faimali
Pubblicazione: Milano : Bollati Boringhieri, 2018
Pagine:  374



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