Il resto di niente, Enzo Striano

 Il lettore che voglia avvicinarsi alla storia straordinaria della Repubblica partenopea del 1799 o alla altrettanto straordinaria biografia di Eleonora Pimentel Fonseca (che alla Repubblica è strettamente legata) passa inevitabilmente per questo testo. 

Pubblicato da Loffredo nel 1986, rimane l'unico in circolazione che racconti ampiamente una vicenda importante anche perchè così divisiva nella storia della monarchia borbonica a Napoli.

Come immagino si sappia, la breve parabola della Repubblica nasce sulla scia di una nuova generazione di napoletani istruiti, informati sui fatti accaduti in Francia, che provarono ad attuare un esperimento politico che però a Napoli non aveva nessuna presa sul popolo, fedelissimo alla Corona, e che finì in un bagno di sangue. 

Fatico a chiamarlo romanzo perchè, sebbene del romanzo abbia la forma, i dialoghi e i ricami, tuttavia prova a dare una spiegazione alle vicende storiche, all'insuccesso e alla repressione con cui si con concluse la brevissima vicenda. 

E' qui infatti che risiede quella teoria secondo la quale il fallimento dell'esperimento repubblicano sia stato dovuto ad un progetto politico che aveva coinvolto solo la giovane classe nobiliare e gran parte degli intellettuali vicini alla corona, e il cui, seppur effimero, successo, fu dovuto all'arrivo delle truppe francesi.

Intanto la bellezza del romanzo è proprio nella rappresentazione di questa classe: tutti giovani, tutti con grandi ideali; quelle belle generazioni che vogliono rompere con il passato: intellettuali, colti e preparati più dei loro genitori, che invece rappresentano il vecchio, la tradizione. 

Ben vestiti, con le facce pulite che discorrono di economia e  scrivono statuti per loro ideale Repubblica punto per punto. 

C'è spazio anche per le donne in questa generazione di sognatori: Eleonora Pimentel Fonseca è quella passata alla Storia, ma non è stata l'unica. La sua storia ha conquistato  non solo per la sua tragica fine, ma anche per aver diretto (da sola) Il monitore napoletano, ma tante ragazze di nobili natali e vicine alla corte di Ferdinando IV e Maria Carolina parteciparono attivamente a quella vivace stagione culturale: Chiara di Belmonte, Maddalena Serra, Giulia Carafa, Chiara Pignatelli. Senza dimenticare Luisa Sanfelice, che però merita un racconto a parte.

Altra cosa che emerge dal romanzo è come la giovane classe di intellettuali "sine titulo" (Mario Pagano, Vincenzo Cuoco, Ignazio Ciaia, Vincenzio Russo) sia strettamente unita nei discorsi e negli ideali con la classe dei rampolli nobili (i Serra di Cassano, i Pignatelli, i Caracciolo): un'alleanza che è anche una caratteristica unica proprio del Regno di Napoli, dove i Borbone avevano incoraggiato una cultura che parlasse la lingua volgare (Antonio Genovesi fu il primo ad insegnare Economia politica in italiano), e la massoneria aveva fatto il resto: esercito, borghesi e nobili uniti dagli stessi ideali (Filangieri docet). E quando metti insieme l'autorità (dei nobili), i soldi (dei borghesi) e le armi (dei militari) la soluzione può venire solo da una Rivoluzione.

L'altra parte di bellezza del romanzo viene dalla musica: le danze, le arie, il teatro che ha un ruolo così predominante che non si può fare a meno di ascoltare Paisiello ad ogni pausa di lettura

Alla musica si accompagnano gli amori di questi bei ragazzi, poi, ci ricordano come a sostenerli siano stati i loro sogni: ingenui e focosi come solo quelli dei ragazzi sannao essere, con tutta la loro carica di immatura frenesia.

Ancora, del romanzo si apprezza la sua onestà intellettuale. E' stato considerato un romanzo che rivendica il progetto antiborbonico dei suoi protagonisti, ma:

1. ne mette in evidenza tutti gli errori: dall'immaturità del progetto alle difficoltà di trovare proseliti nel popolo (bellissima la scena in cui si scioglie il sangue di san Gennaro e per la prima e unica volta i napoletani si ribellano perchè in quell'occasione i reali non erano in città e al loro posto era comparso Championnet)

2. non esita a parla male dei francesi arrivati a Napoli per sostenere la Repubblica: insubordinati, crapuloni, devastatori e ladri

3. non nasconde le manipolazioni comunicative de Il monitore napoletano, l'unico organo di comunicazione della Repubblica, che avrebbe dovuto sensibilizzare il popolo alla Rivoluzione;

4. La Pimentel Fonseca non ne esce come un personaggio audace e carismatico: al contrario, come una donna un po' grigia, che si lascia trascinare dagli eventi, che si trova a gestire situazioni più grandi lei.

Un romanzo che dà spazio e voce a chi generalmente fa da sfondo alle vicende di corte, che invece questa volta sono completamente in ombra. Ci sono sì e no un paio di scene ambientate a Palazzo reale, nessuna alla Reggia di Caserta (dove pure Eleonora visse come bibliotecaria della regina), nessun riferimento alla relazione umana che pure si era instaurata tra la regina e la rivoluzionaria. 

E adesso ... vorrei trovare una biografia per ogni personaggio e ogni comparsa di questo magnifico romanzo.


Il resto di niente
Enzo Striano
Avagliano, 1997 (I Tornesi)
416 p. 

P.s.: sono molto affezionata alla mia edizione vintage de Il resto di niente, anche perchè mi piace moltissimo questa collana della Avagliano che racconta per lo più di storia napoletana del '700.

A onor di cronaca, devo però dire che il libro è attualmente edito da Mondadori e dunque se non volete girare nei mercatini e negli scaffali di famiglia, lo travate facilmente in libreria con un'altra copertina

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