Profilo di un capo.

Non avevo mai avuto un capo prima d’ora. Un capo vero s’intende. I miei capi sono stati sempre colleghi per lo più della mia età.
Quando sono arrivata qui me l’avevano detto. “Non ti fidare. Per ora è di buon umore”.
Si presenta riservato e cordiale. Per lo più lavora chiuso nella sua stanza. Ci fa compagnia solo nella pausa caffé, ma è sempre di pochissime parole.
Ma non è questo che fa impressione. Ciò che fa impressione è quello che è successo oggi.
Chiama urlando la mia collega di stanza. Lei è la sua vittima preferita. Forse perché gli è indispensabile. Quello che ha urlato dopo lo abbiamo sentito tutti. Tutti noi della palazzina, intendo. E non solo.
Senza un vero motivo. Senza che ci sia stata una negligenza. Solo per sfogare la propria tensione.
A L. non rimane che stare in silenzio, rispondere è peggio in certi casi.
E poi lo conosce, si è abituata ai suoi modi. Certo, ci rimane male, ma poi le passa.
Lo so, toccherà anche a me prima o poi subire la sua sfuriata. La sua vile sfuriata, penso. I suoi interlocutori non possono usare lo stesso tono che usa lui.
E questo senso di impotenza mi tradirà, so anche questo.
Sembra  tanto la favola della Bella e la Bestia. Solo che qui non si sa se dietro la Bestia si è mai celato un principe.
Devo assolutamente scoprire quale trauma infantile ha causato la formazione di questa personalità maniaco-aggressiva. Non posso correre il rischio che Bimbo mi diventi così. Stasera lo guarderò con occhi un po’ diversi, con occhi indagatori, pronti a cogliere la minima sfumatura di personalità deviata.
Potrebbe già essere troppo tardi.

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