Via dalla pazza folla, Thomas Hardy
Non si può resistere ad una copertina così.
Vale per un po' tutte le copertine della collezione (Storie senza tempo, ndr), solo che questo bordeaux proprio mi conquista.
Appena l'ho avuto tra le mani, non ho potuto fare a meno di proporlo nel mio gruppo di lettura: pur con le nostre peculiarità, quando si tratta di classici, siamo unite come non mai.
Un romanzo classe 1874. Piena età vittoriana. Non ci sono però le belle ville di Londra, la buona società, i pettegolezzi, i matrimoni combinati dalle madri, i facoltosi tenutari inglesi.
Qui siamo in piena campagna, ambientazione prettamente bucolica. Protagonisti: un pastore, un affittuario, un sergente, una bella affittuaria che infiamma il cuore di chi la incontra, Bathsheba Everdene.
Non
è proprio una storia d'amore, anche se l'amore compare in ogni pagina
di questo libro: quello discreto del pastore Oak, quello ossessivo di
Boldwood,
quello ingannevole del sergente Troy.
E' la storia di una donna fiera, indipendente, che in piena epoca vittoriana rifiuta ben due volte il matrimonio, sicura di bastare a sé stessa
"Be', quello che intendo dire, è che non mi dispiacerebbe di fare la sposa a un matrimonio, se potessi farlo senza avere un marito. ma dato che una donna non può mettersi in mostra in quellamaniera da sola, non mi sposerò, almeno per ora."
Eppure Bathsheba finisce per innamorarsi innamora perdutamente.
"Bathsheba amò Troy nel modo in cui amano le donne indipendenti quando
abdicano alla propria indipendenza. Quando una donna forte getta
volutamente al vento la propria forza è peggiore di una donna debole che
non abbia mai avuto neanche un bricolo di forza da gettar via".
In una cosa Hardy mi ha fatto pensare alla Austen: nella pessima figura che fanno i militari inglesi: in un modo o nell'altro, risultano inaffidabili.
Via dalla pazza folla è un classico che passa un po' in sordina.
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