Il mare non bagna Napoli, Anna Maria Ortese
Dimentichiamo completamente la pizza e il mandolino.
Dimentichiamo Pulcinella e il sole.
E pensiamo invece al Monastero di Santa Chiara. Quello della canzone, quello distrutto dai bombardamenti.
Il mare non bagna Napoli comprende 6 racconti che ritraggono la città nel dopoguerra. Un periodo storico che in genere coincide con la ricostruzione, ci presenta invece i cocci della distruzione.
Una Napoli sciatta e rassegnata, in ginocchio, come difficilmente ci viene presentata. Il lato B del sole e del mare.
Il primo racconto, Un paio di occhiali, rimane senz'altro il capolavoro: metaforico,toccante, commovente, espressivo, feroce. Vale la pena acquistare il libro solo per questo.
Il racconto dei Granili il più tosto. Quella dei Granili di Portici è stata una storia, una ferita della mia città, che non conoscevo. Violenza, sporcizia, grettezza. Non viene risparmiato niente. Il linguaggio asciutto della Ortese viviseziona una parte di città abbandonata, che non conosce nessuna redenzione.
E' difficile dire se la vocazione giornalistica della Ortese sia stata mossa dalla denuncia. A me è sembrato che fosse una neorealistica necessità di raccontare. E basta.
Come pure nell'ultimo racconto, il più lungo, Il silenzio della ragione. Mi ci ero accostata con tutto l'entusiasmo possibile. Ha per protagonisti autori napoletani: Prisco, La Capria, Pratolini. Ho avuto serie difficoltà a finirlo, e più volte ho rischiato di abbandonarlo. Ancora oggi, a quasi due mesi dalla lettura, ripensandoci, non ne ho compreso il senso. Si dice che gli intellettuali napoletani non abbiano preso molto bene la pubblicazione del racconto, e che per questo la Ortese non sa tornata più a Napoli.Il mare non bagna Napoli è un classico, sicuramente. Nella sua prima pubblicazione, 1953, non stento a credere sia stata un lettura necessaria e miliare. Adesso risulta dolorosa, e ancora necessaria. Non credo indispensabile, però.
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Due chiacchiere con Corie ....: