La vita perfetta di William Sidis, Morten Brask

"Vorrei vivere la vita perfetta. L'unico modo per avere la vita perfetta è viverla in solitudine."
Titolo: La vita perfetta di William Sidis
Autore: Morten Brask
Traduttore: Ingrid Basso
Pubblicazione: Iperborea, 2014
Pagine: 369

William Sidis è un personaggio storicamente esistito.
Nato nel 1898 a New York, e finito a Boston nel 1944, la sua genialità ne ha fatto parlare molto sui giornali americani dell'epoca. 
Si tratta della storia di un uomo schiacciato dalla sua stessa eccezionalità, come spesso accade.
Figlio di emigrati ucraini poverissimi, i genitori  ne sono orgogliosi, e lo esibiscono come moneta di riscatto sociale. La madre se ne vanta nei salotti delle signore perbene che frequenta, il padre se ne assume tutto il merito, sostenendo che l'intelligenza del figlio sia puro merito della sua educaziione. Stiamo parlando di un bambino di tre anni che recita a memoria la Bibbia, che a sei anni parla correntemente sei lingue, che a 11 tiene incollati i migliori matematici ad un convegno cui partecipa come relatore e che a 16 scrive un trattato di geometria in greco antico.
 
La mia deformazione di mamma speciale  mi spinge a pensare che potesse avere la sindrome di Asperger; ho avuto il dubbio fino alla fine, ma in verità  nel libro non viene mai citata. 
William ha difficoltà in tutti i rapporti umani: la sua genialità lo fa sentire fuori posto in ogni contesto sociale, probabilmente per via della sua età. A causa delle sue prodigiose capacità cognitive si ritrova sempre a frequentare classi molto avanzate, o addiruttura docenti quando è ancora molto piccolo. L'unica ragazza di cui sente di essere innamorato, Martha Foley, che poi è colei che lo coinvolge nella militanza socialista, scopre poi essere infatuata di un altro, e non verrà mai a conoscenza del suo amore per lei. La sua adesione alle idee socialiste, dopo la rivoluzione d'ottobre in Russia, contribuiscono al suo isolamento, lo portano in carcere, e rompono definitivamente il rapporto con i genitori. E questa è forse la fase più commovente del libro, quando Sidis si sente tradito e umiliato dalla sua stessa famiglia. Gli rimane un unico amico, Nat, conosciuto ad Harvard, rimastogli accanto nonostante i suoi silenzi e le sue ritrosie, e con lui fino all'ultimo dei suoi giorni.
Isolato e deriso per invidia, per paura del diverso, Sidis è stato un uomo molto solo, tradito dalle smisurate capacità che la natura gli aveva donato.
Ed è questa solitudine che conquista il lettore. Un uomo costretto e sofferente della propria genialità, emarginato perchè diverso, "troppo" rispetto agli altri. William Sidis rimane prigioniero di sè stesso, approdando alla convisnsione che solo un basso profilo di normalità e di solitutdine possa offrire un barlume di serenità.

Commenti

  1. Effettivamente spesso solo la normalità garantisce serenità e sicurezza. Non conosco il libro ma me lo segno

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