La figlia unica, Guadalupe Nettel
La figlia unica è un libro denso e complesso. In cinque ore di ascolto riesce a riscattare ogni tipo di maternità e a raccontare la complessità delle relazioni tra donne. Parla senza orpelli di tanti argomenti scomodi.
Laura, per esempio, esordisce parlando di sè, del suo desiderio di non averli quei figli che tante giovani donne intorno a lei sembrano cercare con affanno.
Così inizia questa storia, che ne racchiude tante altre. Una, in particolare, di grande potenza.
Alina, la sua migliore amica, pur avendo proclamato di non volere bambini, dopo il matrimonio quel figlio ha invece fatto di tutto per averlo.
E così è arrivata Inés, una bambina che non doveva sopravvivere a se stessa. Al settimo mese le viene diagnosticata la microencefalite. La sua disabilità era tale da non far sperare che poche ore di vita. E invece Inés resiste, si attacca tenacemente alla vita. E questo suo attaccamento sovverte i piani più che se se ne fosse andata subito.
Bisogna riorganizzare la mente e la casa, bisogna comprare i pannolini e trovare una tata, soprattutto si deve continuare a sperare, ma non troppo, si deve lottare ogni giorno con le terapie, sapendo che ogni progresso potrebbe essere vano.
Difficile amare se sappiamo senza riserve se sappiamo che potremmo separarci senza preavviso.
E' difficile sapendo che la prospettiva è una cura perpetua, che le vite piene di due persone gireranno intorno ad una che all'apparenza sembra mezza.
Meglio che Inés sia nata, o sarebbe stato preferibile risparmiarsi tanto amore e tanto sacrificio.
Meglio affogare il dolore nello shopping compulsivo, o dare libero sfogo alle proprie ansie.
Trovare una tata, un valido aiuto che possa restituirti una vita, eppure non poter fare a meno di essere gelosa dell'amore che prova per la tua bambina che ha bisogno di cure e energie infinite.
Madelene, la tata, è senz'altro la figura più inquitenate del romanzo, per quel modo efficiente e morboso di amare la piccola Inés, che non crescerà mai veramente. Anche lei, cui è stata diagosticataa una malformazione all'utero, vive la maternità a suo modo: prendendosi cura dei bambini degli altri, finchè non crescono. E la piccola di Alina sarà piccola per sempre.
[Perchè poi c'è da dire anche questo, che nelle famiglie dove c'è una disabilitò che richiede cure continue, si sopravvive se c'è un terzo genitore, meno stanco, meno ansioso, ma ugualmente innamorato di quel figlio fragile.]
A corollario della storia deflagrante di Alina e Inés, ci sono quelle di Laura con sua madre, che i figli li aveva fatti "per tradizione",
e di Laura con i vicini di casa, Nicholas e Doris, di cui lei finisce per occuparsi. E duque la difficile relazione tra Doris e Nicholas, un ragazzino arrabbiato colmondo e con la madre.
Ogni cosa è puntuale in questo libro. Ogni piccolo passo nel bene e nel male viene riferito al lettore. Eppure posso dire che, pur attraversando dei momenti di dolore, ciò che lo permea è un ottimismo diffuso, dovuto alla forza e alla tenacia di queste donne, che pur nelle tortuose inaspettate strade del destino, imparano a prendere dalla vita ciò che c'è di buono.
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