L'acqua del lago non è mai dolce, Giulia Caminito

Non sono stata molto simpatica durante la lettura di questo libro.

Tutta la rabbia di Gaia, della madre Antonia, di suo fratello Mariano li ho vissuti in maniera talmente efficace che mi sono sembrati tutti responsabili di questo mondo povero e ingiusto.

Siamo nella periferia romana, nei primi anni duemila, in una casa popolare, voluta e ottenuta da Antonia. 

Una casa preferita a quella centrale di Corso Trieste che le aveva assegnato il Comune, un casa che ha voluto a costo di fare qualche magheggio, consapevole che il posto della sua famiglia è in periferia.

Antonia e Gaia si contendono il ruolo di protagoniste, e assorbono tutta l'attenzione e la tensione del lettore.

Antonia Venditti, rossa di capelli e combattiva oltre il limite, ha quattro figli, un marito in sedia a rotelle e un lavoro in nero. Non può permettersi lussi e non li permette alla sua famiglia. Lavora incessamente, e dei suoi ragazzi non le sfugge niente. Non ha il tempo e le risorse per dialogare, ma solo per impartire ordini, e tenere tutti al prorpio posto, al sicuro da ogni smarginamento.

Eppure tutto le esplode tra le mani.

Gaia, la figlia, anche lei rossa di capelli, minuta di costituzione, la vediamo crescere. La conosciamo a 8 anni e la lasciamo dopo la laurea. Racconta questa storia in prima persona. 

Impara molto presto a misurarsi con gli altri, e prende le misure da ciò che gli altri posseggono e che a lei viene negato, come dalla distanza affettiva e vendicativa che sente verso il prossimo. 

Vuole emergere, studia, ottinene i suoi risultati, eppure sente il peso e la rabbia di una raealtà che la incatena.

"... come si dice la paura, come si dice la perdita, come di dice il futuro che non si realizzerà"


E' un libro sulla famiglia, sulla casa, sulle dinamiche affettive di un'adolescente dentro e fuori la famiglia:è feroce, è duro, è crudo, un pugno nello stomaco che costringe a guardare la realtà senza orpelli, senza scuse.

"Io vorrei dire che tutti mentiamo sulla nostra famiglia, è quello il covo delle nostre più ardite bugie, dove nascondiamo la nostra identità, ci inventiamo favole, proteggiamo ingiustizie, facciamo incetta di luoghi comuni, e ci barrichiamo dietro alle grida, le urla, i misteri..."

Se soffrite di bovarismo  come me, state alla larga da questo libro.

La sensazione di rabbia che lascia addosso potrebbe compromettere le vostre relazioni.

Io l'ho trovata una scrittura potente e travolgente, da cui è impossibile staccarsi con indifferenza.

Candidato nella cinquina dello Strega, io faccio il tifo per la Caminito.

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