L'ultima passione, Antonio Forcellino

Mentre la celebre trilogia (da poco diventata tetralogia) di Antonio Forcellino dedicata agli artisti del Rinascimento prende ancora polvere nella mia libreria, decido di iniziare questo romanzo a sé stante (in gergo si dice stand alone). Le recensioni in giro non sono entusiaste, ma l'argomento mi interessa. 
Ho già letto  diverse cose sulla diffusione della Riforma in Italia, e una chiave più romanzata per affrontare la questione mi incuriosiva. Non sono molte le pubblicazioni che raccontano il lato più oscuro del Rinascimento. E' più facile celebrarne l'arte, il mecenatismo dei papi, i salotti e e le Accademie, raccontare semmai l'Inquisizione, ma di tutto ciò che poteva essere e non è stato è difficile sentir parlare. Ed è anche difficile raccontarlo.

Antonio Forcellino ci ha provato, e il risulato è tanta carne a cuocere e una gran confusione. 

Siamo a Roma, nel 1545. La trama è sostanzialmente una specie di giallo. Un misterioso tedesco proveniente da Mantova prende una falsa identità per consegnare una lettera a Pietro Carnesecchi a Roma, e viene poi coinvolto in un omicidio nel palazzo dei Papi. 

Ora, in virtù delle mie ultime letture di cui sopra, Pietro Carnesecchi lo conosco come le mie tasche, e dispiace onestamente che Forcellino gli abbia fatto fare una fine diversa da quella tragica che gli è già toccata in sorte. Carnesecchi infatti finì sul rogo dopo essere stato processato dall'Inquisizione.

Il periodo che precede il Concilio di Trento e dunque la Controriforma cattolica, è attraversato da tante nuove correnti in seno alla Chiesa. Il disgusto per una chiesa corrotta e indisciplinata era diffuso. Nel romanzo si insiste molto sulla storia della famiglia Farnese: Paolo III, al secolo Alessandro Farnese (fratello di Giulia, l'amante storica di papa Borgia) è ormai anziano, ma impegnatissimo a creare un ducato per suo figlio Pierluigi,il futuro ducato di Parma e Piacenza, che rende ancora più precari i rapporti con Francesco I di Francia e Carlo V.

Insieme alla volontà di tornare ad un cristianesimo più semplice e primitivo (quello di Erasmo da Rotterdam) rispetto all'impalcatura gerarchica della Scolastica (San Tommaso, padre della Chiesa), si andavano diffondendo tutte quelle idee vicine al Luteranesimo e dunque alla Riforma, come la giustificazione per fede, il dibattito sull'Eucarestia etc etc. Senza addentranci in questioni teologiche troppo complicate, basterà dire che queste idee nuove, pericolosamente vicine al luteranesimo, trovavano un terreno fertile nei salotti elitari dell'aristocrazia e  in tanta parte della predicazione dell'epoca. 

A Viterbo, in particolare, era nato un circolo evangelico chiamato Ecclesia Viterbensis diretto da Reginald Pole (cugino di Enrico VIII, la cui sorella e madre per fedeltà alla Chiesa cattolica furono decapitate), e frequentato da diverse nobildonne come Giulia Gonzaga, Vittoria Colonna (la più celebre tra tutte), e appunto Pietro Carnesecchi. Il circolo di Viterbo, come d'altronde molte altre reti e protezioni che furono dati in quegli anni in Italia, vennero guardati con sospetto dalla corrente più intransigente della Chiesa in ambito dottrinale, che faceva capo a Gian Pietro Carafa, futuro Paolo IV. 

Il Concilio di Trento si giocò dunque tra queste due correnti, e ci fu un momemnto in cui si sperò davvero che l'elezione al Pontificato di Reginald Pole potesse portare alla riunificazione religiosa in Europa. 

Per soli 3 voti nel conclave del 1549 fu poi eletto Giulio III, e il destino del cattolicesimo e del luteranesimo deciso. 

Il periodo storico che Forcellino vuole raccontare è talmente complicato e pieno di relazioni, reti, complotti e sotterfugi che alla fine risulta poco chiaro. Tante cose vengono appena accennate,e dunque i personaggi risultano specchietti per le allodole, come per Michelangelo. Dati i suoi rapporti con Vittoria Colonna e Reginald Pole era sicuramente una presenza da non poter dimenticare. Aprire il romanzo con lui illude il lettore di trovare un romanzo che racconti Storia e Arte. Invece, la sua figura rimane slegata dal racconto. Anzi, per la verità, la deformazione professionale dell'autore, che di mestiere fa il restauratore di opere d'arte, lo porta a soffermarsi sulle tecniche delle penellate e la composizione dei colori dell'artista: molto interessante ma poco attinente. Delle sue relazioni e delle sue idee si dice poco e niente.

Insomma, dispiace che abbia archietettato un giallo storico in cui ai personaggi storici non sia stata resa giustizia. Il lettore esperto ne sarà deluso, il lettore medio ne sarà confuso. Una buona prefazione storica sarebbe stata senz'altro utile. Se la Mondadori ci dovesse pensare, io mi candido. Non si sa mai.

L'ultima passione

Antonio Forcellino

Mondadori, 2011 (Omnibus)

236 p.

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