L'amante del doge, Carla Maria Russo

Che pietoso spettacolo a vedersi
la virtuosa figlia in nero manto
sopra l'urna del padre amato tanto
spargendola di lagrime e di versi!
e co' teneri sguardi a lei con ersi
la Carità dettarle il dolce canto:
e de la pia compagna a sé dar vanto
le Muse, e piu beate oggi tenersi!
T'allegra, o Poesia, ché la tua lira
dai giochi de la mente alfin ritorna
del core ai moti, e la virtude inspira;
e di lauro e cipresso il monumento
grata rivesti, e 'l cener freddo adorna
che desta un cosi nobile lamento. 

XLV. Stampato coi Sonetti di Caterina Dolfin Tiepolo in morte di Cio. Antonio Dolfin, Padova, Penada, 1777

 Eccola qui la protagonista del sonetto di Parini: Caterina Dolfin, di cui il poeta canta il dolore per la morte del padre e il talento come poetessa.

Bellissimo quando la dedicataria di un sonetto, colta nel frammento di un'esistenza, riprende le fattezze della donna che è stata, e della storia che ha da raccontare.

Questa speciale protagonista che Carla Maria Russo sceglie per il suo romanzo, è dunque una poetessa del 700, animatrice dei uno più celebri salotti culturali veneti del XVIII secolo, molto vicina agli illuministi e alle idee anticlericali e sovversive. 

Idee e passioni che eredita dal padre, Giovanni Dolfin, nobile veneziano colto ma squattrinato, che può garantire alla figlia affetto e tanti libri, ma non una ricca dote.

A questo ci penserà la madre, che le combina un matrimonio vantaggioso con Marco Antonio Tiepolo.

Da qui iniziano i fatti. Siamo a Venezia, nella seconda metà del 700, esattamente nel 1755.

Due gli ingredienti del romanzo: la storia di una donna e del suo libero pensiero, e una grande storia d'amore. Che poi sono strettamente collegati.

Il protagonista maschile è Andrea Tron, affascinante ambasciatore veneziano, all'epoca dei fatti appena tornato da Parigi e destinato a Vienna. La loro storia d'amore è stata oggetto di pettegolezzi e chiacchiericcio nella Venezia del tempo. 

Caterina lascia infatti il marito che la famiglia aveva scelto per lei poco dopo le nozze, per vivere in una delle residenze messe a disposizione per lei da Tron, prima alla Giudecca a  Venezia, e poi a Padova.

Non senza difficoltà, riesce ad avere l'annullamento del matrimonio nel 1772, e a sposare Tron l'anno seguente, e solo quando il padre di lui, contrarissimo alle nozze, passa a miglior vita.

Caterina sostiene e  incoraggia le azioni politiche del suo amato, soprattutto nella battaglia per la secolarizzazione dei beni ecclesiastici: furono soppressi nel 1766 ben 127 monasteri, proprio ad opera di Andrea Tron, all'epoca all'apice della carriera politica.

E d'altronde non poteva essere altrimenti: le simpatie di Caterina andavano tutte all'illuminismo e molto poco alla azioni della Controriforma, come dimostrò la sua amicizia con  Marcantonio Pilati , professore all'università di Padova finito sotto le fauci dell'Inquisizione per le sue idee e condannato all'esilio.

La stessa Caterina fu oggetto di indagini dalla Santa Inquisizione: la Russo spiega molto bene i sospetti della Chiesa, le spie, e le operazioni che accompagnano le indagini sulle idee e i costumi ritenuti sovversivi che trovavano ampio spazio nel salotto della Dolfin.

Fu probabilmente la cognata di Tron a suggerire alla Chiesa, Cecilia Zen Tron, moglie di suo fratello Francesco.  Cecilia Zen fu una delle donne considerate più belle nella Venezia del suo tempo, in grado di dettare legge nel campo della moda e delle tendenze. 

In ultimo, trova posto in questo interessantissimo romanzo, ricco di sfumature e finestre sulla Venezia del 18. secolo, una pittrice che già conoscevo, Rosalba Carriera, cui Tron commissiona una miniatura di Caterina.

Un bellissimo romanzo che unisce una grande storia d'amore con un contesto culturale e politico in piena evoluzione.

L'amante del doge
Carla Maria Russo
Piemme, 2016 (Pickwick)
272 p.

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