Cold case Andrea d'Ungheria



La storia di Giovanna d'Angiò e Andrea d'Ungheria fu un vero gossip per l'occidente medievale. 
Se c'è una cosa per la quale la regina di Sicilia è famosa è la misteriosa ( e orribile) morte del giovanissimo marito, Andrea, strangolato e defenestrato presso il castello di Aversa. 

Era la notte tra il 17 e il 18 settembre 1345, e Andrea non aveva ancora compiuto 18 anni.

Qualcuno pagò per questo delitto, ma la verità del complotto è lungi dal venire a galla.

I problemi erano iniziati subito, quando nel 1329 quando nonno Roberto d'Angiò aveva annunciato il fidanzamento dei fanciulli. Giovanna aveva 5 anni,  Andrea 2. Lei era già orfana di padre, e i ragazzi vennero investiti del Ducato di Calabria, titolo riservato agli eredi al trono, non appena il contratto nuziale fu stipulato, il 26 settembre 1333.

Secondo la cronaca di Partenope, le feste durarono 8 giorni, le giostre oltre un mese. 

Il fatto è che gli ungheresi non erano certamente ben visti a corte. Andrea era considerato rozzo e maleducato, sebbene sua moglie la regina non sia mai stata  un esempio di virtù e cultura.

La scelta era ricaduta su Andrea  per tacitare le pretese al trono degli Angioini del ramo ungherese, discendenti dal primogenito di Carlo II. 

Invece che ereditare il Regno di Sicilia, i genitori   indirizzarono il loro primo figlio Carlo Martello sul trono d'Ungheria, in quel momento vacante, che potevano rivendicare in nome della madre, Maria d'Arpad. Tuttavia la speranza di avere i due regni non si era mai sopita, sebbene non trovasse riscontro né nelle intenzioni di re Roberto, e neanche in quelle del Papa, che rimaneva sempre il signore del feudo del Regno di Sicilia. Per evitare questa unione, non a caso si era scelto il secondogenito di Carlo d'Ungheria ed Elisabetta di Polonia. Il primogenito Luigi, invece, era stato promesso a Maria, anche se niente di formale pare sia stato scritto.

A mettere una pietra sopra le ambizioni di tutti, non solo degli ungheresi, fu il testamento di re Roberto, redatto nel 1343. 

L'erede sarebbe stata Giovanna, e solo lei.
In mancanza di eredi di Giovanna, la corona sarebbe passata a Maria sua sorella. 
Le Principesse, dunque, divenivano eredi reciproche.

La portata di questa volontà, che così esplicitamente metteva a tacere tutte le rivendicazioni maschili al trono, scontentava innanzitutto Andrea, al quale era riservato il solo ruolo di consorte della regina, e non di Re. 

Ad Andrea il sovrano riservò solo il principato di Salerno anche nel caso in cui, morendo Giovanna senza eredi, le fosse succeduta Maria. Magra consolazione per il principino: la sua corte non fu mai accresciuta, né gli furono conferiti maggiori poteri di spese, e sempre avrebbe dovuto camminare un passo dietro sua moglie. 

Eppure, prima di morire aveva avuto delle parole di fiducia per il marito della sua prediletta nipote.

Converà ti que aptengas la flor

è necessario che tu tenga alto il fiore, ovvero il giglio, simbolo della dinastia angioina. 

Sapeva bene, re Roberto, che per Giovanna, niente sarebbe stato facile.

Il suo testamento deludeva d'altronde anche i rami collaterali della famiglia. 

Beatrice di Provenza e Carlo d'Angiò
 Tra le altre cose stabiliva infatti che la Provenza non sarebbe stata separata dal Regno, contravvenendo così alla volontà di Carlo II (1308) che prevedeva una successione maschile per la Contea di origine degli angioini. 

Dunque, dopo la morte del padre di Giovanna, fu Filippo, quartogenito di Carlo II ad avanzare pretese sulla Provenza. Dopo la sua morte, sua moglie Caterina II di Valois di Courtenay (imperatrice di Costantinopoli) e sorella del re di Francia Filippo VI, la rivendicava per i suoi figli: Roberto, Luigi e Filippo.

L'altro ramo della famiglia, quello dei Durazzo, discendenti da Giovanni conte di Gravina,

Stemma degli Angiò Taranto

sempre discendente dall'unione di Carlo II e Maria d'Arpad (figlio n. 13). La moglie di Giovanni non aveva niente da invidiare alla cognata imperatrice:  Agnese di Perigord, di nobiltà francese, sorella del potente cardinale Talleyrand di Perigord, ambiziosa e volitiva, sperava che il matrimonio di uno dei suoi figli con Maria , che rimaneva la seconda candidata al trono, avrebbe avvicinato la famiglia alla corona. Carlo, primogenito di Agnese, rapì infatti Maria e la sposò il 21 aprile del 1343. 

A quanto pare, ma qui le versioni sono contrastanti, la regina non aveva dato nessun consenso alle nozze. La cosa certa è che Giovanna proibì la partecipazione al matriomonio della sorella, rifiutò di pagare la dote, e dispose il sequestro della contea di Alba. A Maria dunque rimase solo il dotario (non da poco) lasciatole dal padre Carlo.

Stemma degli Angiò Durazzo

Ed ecco che intorno ai Durazzo, e contro la regina, andava formandosi un'altra  fazione pericolosa.

La questione del matrimonio di Maria e Carlo di Durazzo non fu da poco, perchè anche Luigi d'Ungheria non la prese bene: sperava infatti nel duplice matrimonio che gli avrebbe assicurato il Regno.

C'era d'altronde chi, a corte, parteggiava e tramava per lui. Petrarca ci riferisce di un tale Fra Roberto che cercava segretamente alleati per rovesciare la regina e affidare il trono agli ungheresi.

Giovanna I d'Angiò e Andrea d'Ungheria

Le due cognate si fecero una guerra senza confini, pensando già ad una spartizione del regno: i rami dei Taranto e dei Durazzo furono sempre una spina nel fianco per Giovanna.

Il matrimonio vero e proprio tra Giovanna e Andrea fu così celebrato il 22 o il 23 gennaio del 1343. Gli sposi erano giovanissimi, e da adolescenti erano le loro abitudini. Giovanna, coadiuvata nella gestione politica da un consiglio di reggenza, si occupò subito di restaurare i palazzi appartenenti alla corona (la casina di caccia di Aversa per esempio, o il Quisisana di Castellammare), ma non si risparmiava in feste e nel gioco dei dadi. Se a ciò aggiungiamo i rumors (quelli non mancano mai) su presunti amanti, ecco che la situazione si faceva esplosiva.

Insomma, non sbagliava Petrarca quando diceva che Giovanna e Andrea due agnelli affidati alla
custodia di molti lupi (Familiares)

In più i due non andavano d'accordo, e c'era la questione della corona e del potere. 

Andrea, suo fratello Luigi e sua madre tormentarono il pontefice affinché riconoscesse in Andrea un vero sovrano, ma Clemente VI non si fece abbagliare neanche dalla presenza e dagli ori di Elisabetta di Polonia, madre di Andrea, giunta a Napoli il 24 luglio 11343 per difendere con ogni mezzo gli interessi del figlio. Anzi, un po' stufo di tutte queste beghe familiari, decise di inviare un suo legato nel Regno, il cardinale Aimery, nominato amministratore, governatore e balio, e di dichiarare illegittimo il consiglio di reggenza creato da re Roberto. Ma anche il cardinale Aimery durò poco.

Stemma degli Angiò d'Ungheria

Elisabetta andò via  nel febbraio del 1344, non senza un brutto presentimento: aveva affidato il figlio alla protezione di Bertrando del Balzo, conte di Montes
caglioso (duca d'Andria grazie al matrimonio con Beatrice d'Angiò, ultima figlia di Carlo II). 

Non smise di scrivere al Papa, per raccomandargli il suo giovane rampollo. Clemente VI, da parte sua, non poteva che raccomandare ai coniugi il reciproco rispetto. Fece in modo di allontanare dalla corte i personaggi maggiormente sospettati di mettere acredine tra gli sposi. Tra questi, la famiglia di Filippa de Cannabis, balia della Regina Giovanna. Suo figlio Roberto era stato insignito del titolo di conte della terra di Eboli, e ora era siniscalco del Regno: non gli fu mai perdonato che dal nulla avesse ottenuto troppo. 

Ma sul riconoscimento dei poteri ad Andrea nessuno fece un passo indietro. Anche quando, infine, Clemente VI propose alla regina la doppia incoronazione, in realtà non la obbligò mai.

E dunque, il 28 agosto 1344, la sola Giovanna fu  incoronata regina.

Insomma le fazioni ufficiali erano 3: ungherese, Taranto e Durazzo, ma serpeggiavano dissidi, invidie e rivalità ovunque a corte (per le quali si rimanda alla lettura di Dumas, che in queste cose è un maestro). Dunque, è difficile immaginare chi sia stato il reale mandante dell'omicidio di Andrea.

Giovanna è stata la prima imputata dalla Storia. I timori per la spartizione del potere, i numerosi amanti (attribuiti, non certi) sarebbero state le motivazioni;

Caterina di Valois e suo figlio Luigi, che da sempre aspiravano al trono: possibilità realizzabile solo con il matrimonio tra Giovanna e Luigi

A pagarne le conseguenze materiali furono comunque i sicari materiali, primo fra tutti Tommaso Mambriccio, al quale fu tagliata la lingua, esposto su di un carro e sottoposto al supplizio delle tenaglie ardenti nelle strade di Aversa. 
Tra i tanti che furono presi e giustiziati ci furono anche i de Cabanne. 

Si sparse infatti la voce che fossero loro i veri responsabili della morte del giovane principe, e i napoletani assediarono la reggia nel marzo del 1346. Filippa, suo figlio Roberto e sua nipote Sancha furono sottoposti a tortura e barbaramente seviziati, enle loro carni fatte a pezzi, così come racconta Boccaccio nel De casibus illustrium virorum, Liber IX. 

Carlo di Durazzo pagò con la vita. Fu ucciso infatti dal fratello di Andrea che invase il Regno nel 1347.

Andrea fu sepolto il 20 settembre nella cappella reale di san Ludovico nella cattedrale napoletana, dov’era anche il sepolcro di Carlo Martello, primo re d’Ungheria della dinastia angioina. Secondo la leggenda, Giovanna lo fece incoronare prima di farlo seppellire.

Un'altra versione ci racconta di Andrea lasciato insepolto ad Aversa, fino a quando un tale Orso Minutolo lo raccolse per pietà e lo fece seppellire a Napoli. 

Ma questa è una storia che racconteremo altrove.


Bibliografia 2.0:

Giovanna I d’Angiò(Dizionario biografico) 

Denise Aricò, "Per le antiche ruine con nuove scritture". Le biografie politiche nel 'De casibus' di Boccaccio, in "Heliotropia. A Forum for Boccaccio Research and Interpretation", M. Veglia and M. Papio eds., vols. 12-13, 2015-2016, pp. 233-261.

Mario Gaglione, Converà ti que aptengas la flor : profili di sovrani angioini, da Carlo 1. a Renato (1266-1442), Lampi di stampa, 2009

Vinni Lucherini,  Celebrare e cancellare la memoria dinastica nella Napoli angioina: le tombe del principe Andrea d’Ungheria e della regina Giovanna I, in «Hortus artium medievalium», XXI, 2015, pp. 76-91

Marco Piccat, La vera storia di ‘Jehanne de Naplez et de Cecile…’, contessa di Provenza e principessa d’Acaja, secondo Tommaso III, marchese di Saluzzo, in Studi sulla Letteratura Cavalleresca in Francia e in Italia (secoli xiii-xvi), Volume III, a cura di M. Lecco, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2020

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