La lunga vita di Marianna Ucrìa, Dacia Maraini
Inizio con la citazione di una figlia che guarda alla madre, quella madre dalla quale si sarebbe aspettata le parole che lei stessa non aveva.
Non si pensi però che il focus della narrazione riguardi il rapporto madre figlia, semmai quello col padre. Non a caso il romanzo si apre con il signor padre che accompagna Marianna, di soli 7 anni, a vedere un'impiccagione, con la speranza che lo spavento possa guarirla. Esattamente come si credeva nel '700.
Marianna Ucria è infatti una giovane nobildonna palermitana sordomuta: in famiglia, e per tutto il libro, la chiamano la mutola. Non lo è dalla nascita, lo è in seguito ad un trauma che in famiglia tutti le nascondono, compreso il tanto amato signor padre.
Marianna viene data in sposa a suo zio, molto più anziano di lei (lei 13, lui 40 anni in più). Un matrimonio vantaggioso per la famiglia, poiché lo zio la sposa senza una dote, e anzi versando alla famiglia un bella somma di denaro. E' un matrimonio infelice, che subisce con sottomissione: gli assalti notturni del marito somigliano più a violenze che a desiderio coniugale.
I due hanno 5 figli, di cui si seguono le sorti e gli amori, quasi a diventare una saga familiare settecentesca. E già qui andrebbe la prima menzione d'onore alla Maraini: una maestra nella ricostruzione storica dei destini dell'epoca e dei luoghi.
Io, poi, sono un'appassionata di storia napoletana del '700 (sì, lo so, siamo nel Regno di Sicilia, non di Napoli, ma il re era lo stesso: Carlo di Borbone), e mi è piaciuto moltissimo ascoltare il signor marito zio borbottare di politica del tempo, di vicereame spagnolo, austriaco, e poi Regno autonomo dalla Spagna.
Cmq, per farla breve, il vecchio marito muore e lei a poco a poco conquista sempre più spazio. Ha a disposizione una ricca biblioteca nella sua villa di Bagheria, a cui fa aggiungere tanti nuovi libri di stampo illuminista. Un amico del figlio la inizia prima all'empirismo inglese di Hume, e poi, alle idee dei lumi che si stanno diffondendo in Europa.
Ma non solo, con la morte del marito Marianna prende coscienza di una parte di sé che non pensava di avere , quella della femminilità, della sensualità, che naturalmente vive come una donna del suo tempo, ma che vivacizza tutta l'ultima parte del racconto.
Al di là della trama, che rimane un appassionante e immersiva, e delle tematiche (una donna menomata che conquista i suoi spazi di potere) quello che conquista del libro è lo stile.
Ricchezza di lessico, ritmo incalzante, giusto equilibrio tra italiano e dialetto. Non bastano 10 stelle solo per questo.
Assolutamente da leggere.
P.s.: Dacia Maraini si è ispirata ad una figura storica per costruire il suo personaggio: una sua lontana ava, Marianna Valguarnera (1730-1793), , andata in sposa a suo zio Pietro, quinto principe di Valguarnera (+1779). Lei era veramente sordomuta, il resto è il ricamo che ne ha fatto la scrittrice. I due palazzi di cui si parla nel romanzo sono il Palazzo Valguarnera Gangi di Palermo, e la Villa Valguarnera di Bagheria (Pa).
La figlia dei Valguarnera sposò poi Don Don Giuseppe Alliata, settimo principe di Villafranca. Se siete passati per Palermo almeno un volta, questo nomi e titoli vi suoneranno senz'altro familiari.
Dacia Maraini
Rizzoli, 1990
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Due chiacchiere con Corie ....: