I Templari del Sud

 Un' affascinante leggenda vuole che quando Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro Templare, bruciò sul rogo nel 1314, anche l'architrave della chiesa dell'abazia di Valvisciolo, vicino Sermoneta, nel Lazio, si spezzasse. Ancora adesso è visibile il danno.

I Templari del Sud non hanno goduto di una grande fama rispetto ai cugini francesi, ma anche il Meridione d'Italia ha avuto una storia di Cavalieri del Tempio di tutto rispetto. 

D'altronde, se si pensa, qui erano di passaggio per la Terra Santa.

Proprio Valvisciolo sembra sia stata in odore di appartenenza ai celebri Cavalieri. Non è che sia  del tutto chiaro: gli storici stanno ancora litigando su questo. Fatto sta che qualcuno di loro di lì ci è passato. Lo dimostra una particolare iscrizione su una parete del chiostro: un disegno del  quadrato del sator (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS), quella celebre iscrizione palindroma, in genere di forma quadrata, di cui ancora si dscetta il vero significato. La misteriose parole si ristrovano spesso in chiese e castelli collegati all’Ordine del Tempio. Qui, per la verità, il disegno non è quadrato, ma sferico, forse per ricordare la pianta circolare della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Ci sono storie che sono tutte un forse. 

Procedendo per certezze, l'abbazia fu fondata dai basiliani ed ereditata dai Templari e poi definitivamente dai Cistercensi.

Essì, anche i monasteri sono soggetti a tendenze e mode.

Comunque, anche chi mette in discussione il  passaggio come domus dell'Ordine del Tempio, non può comunque negare la loro presenza sul luogo, anche in virtù del fatto che con i Cistercensi c'era una sinergia. Sebbene la vocazione fosse diversa, avevano però un padre e protettore comune, Bernardo di Chiaravalle. Il suo Liber de laude novae militiae, scritto subito dopo il Concilio di Troyes (1129) rappresentò il manifesto programmatico dell'Ordine templare.

In più proprio presso Sermoneta e Ninfa, proseguendo poi per Fossanova e Priverno, passava la via Pedemontana, detta anche via Consolare, che andò a sostituire l'antica via Appia dei romani, completamente abbandonata dopo la caduta dell'Impero, alla quale si ricongiungeva poco prima di Terracina. 

La presenza di Cistercensi e Templari sulla Pedemontana non è poi così peregrina: gli uni bonificavano (l'agro pontino ne ha sempre avuto bisogno), gli altri proteggevano i pellegrini in viaggio, e vigliavano le strade, esattamente gli stessi compiti che avevano outremer.  

In realtà, proprio nel 1314, quando il Gran Maestro bruciò,  la vicenda dei Templari si era già conclusa, anche in Italia meridionale. 

La storia dell'Ordine è abbastanza nota: il favore del Papa (da Innocenzo II a Onorio III), le grandi donazioni, e in poco tempo i Cavalieri si trovarono ad avere insediamenti in tutta Europa. Nel Regno di Sicilia nel 1229 se ne contarono 37, la maggior parte delle quali era in Puglia. 

Si trattava spesso di feudi, nei quali i cavalieri riscuotevano imposte che poi investivano nelle guerre in Terrasanta. Ed è così che la loro attività divenne simile a quella di una banca, soprattutto al di qua del mare. E' così che cominciarono a guadagnarsi delle inimicizie e a circondarsi della fama di speculatori.  Moltissime le testimonianze di continui attacchi alle domus templari, tanto che spesso sono dovuti intervenire gli stessi sovrani per evitare rappresaglie.

Assolutamente fedeli al Papa, non se la passarono benissimo sotto Federico II; meglio andò sotto Carlo I e II d'Angiò, che finanziarono generosamente contro la casa sveva.

Nel primo decennio del Trecento, cominciarono i guai seri. Filippo IV il Bello, spinto dalla persecuzione della presunta eresia, o più probabilmente dalla possibilità di confiscare gli immensi beni dell'Ordine, riesce a scatenare l'Inquisizione contro i Cavalieri. Francia, territori pontifici e Regno di Napoli furono coinvolti (in Spagna e in Scozia no, lì i Templari  cambiarono solo nome).

Appena incoronato nel 1309, Roberto d'Angiò si ritrovò subito una bella rogna da risolvere. Difficile defilarsi se sei cugino in terza di Filippo IV re di Francia. 

Quindi anche nel regno angioino ci fu un'Inquisizione: nessuno arse vivo, per fortuna. Ci furono degli arresti, molti fuggirono. Sappiamo con certezza che Roberto d'Angiò diede l'ordine di migliorare le condizioni dei cavalieri prigionieri. 

Si tennero due processi: uno a a Lucera, l'altro a Brindisi, nel 1310. Si presentarono solo due cavalieri. Confessarono blasfemie e sodomie. Che la confessione fosse vera o estorta anche questo è un forse. Di fatto gli atti vennero inviati a Roma, e il tutto si concluse così.

Le due bolle di Clemente VI (Vox clamantis in excelso e Ad Provvidam, 1312) mettono fine alla storia: i Templari furono soppressi, i beni confiscati, o distribuiti ad altri ordini.

Sembra che dopo il 1314 nel Regno di Napoli ci fossero ancora Cavalieri vagabondi. Giovanni XXII invitò i domenicani e i francescani a soccorrere questi fratelli senza casa. Nel 1394 ancora in qualche documento si sentiva parlare di un frater Marinus ordinis Templi Ierolosolimitani a Bari.

Perciò, tra tutte le leggende e la letteratura che hanno ispirato, qualcuna che riguarda l'ultimo templare sarà pur vera.

 Bibliografia 2.0:

Enrico Valentini, I Templari nellla provincia di Latina "olim maritima", Penne e papiri 1995

Cristian Guzzo, Carlo I d’Angiò, i Templari e gli Ospedalieri: strategie pro defensione terrae sanctae e calcolo politico durante i maestrati di Tommaso Berard ed Ugo Revel. in Tuitio fidei et obsequium pauperum : Convegno di studi : atti del Convegno di studi sull'Ordine Melitense in Puglia e Terra di Brindisi, Pubblidea 2014

http://www.mondimedievali.net/Medioevotemplare/indice.htm

https://www.stupormundi.it/it/i-cavalieri-templari

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