Sindrome Troisi
Mariangela ha fatto uno stage in biblioteca. Laureata, specializzata, in cerca di lavoro, con una vita sentimentalmente complicata.
Corie e Mariangela hanno preso spesso il caffè insieme ad altre colleghe, chiacchierato del più e del meno, raccontato aneddoti della propria vita.
Poi un giorno, tra un libro antico e un altro, mentre discuteva di sigle di collocazioni e impronte, dice: "Certo, che se tu e tuo marito aveste un figlio solo, la tua vita sarebbe meno complicata."
Oh bella. E a chi avrei dovuto rinunciare esattamente dei tre.
A Bimba, alla sua intelligenza, alla sua praticità, e alle sue sindromi preadolescenziali, iniziate peraltro all'età di sei mesi.
A Bimbo, alla sua sorprendente fantasia, alla sua naturale allegria, e alle sue frustrantissime opposizioni.
A Gugu, alla sua dolcezza, ai suoi abbracci, alle sue scoperte, e alle sue monellerie.
Sai, è vero.
Sono così stanca che mi addormento mentre la parrucchiera mi fa lo shampoo,
se apro l'armadio mi cadono addosso tutti i panni da stirare,
non ho il tempo di farmi la manicure,
non faccio un viaggio da sola con Paul da tempo immemorabile,
non esco con le amiche se non due volte l'anno,
non guardo telegiornali, ma solo Masha e Orso, e mi piace pure,
non conosco le nuove boy band, ma canto solo le canzoncine di Masha ("siamo amici davvero" è la mia preferita),
col fatto che Paul è lontano tocca a me mettere regole, sentire piangere e poi consolare, mantenere le regole, e risentire piangere.
Ma sai che c'è.
I miei figli mi obbligano a essere migliore. O almeno mi fanno provare.
Mi obbligano a sorridere, quando sono le otto di sera e penso a quanto lavoro mi aspetta ancora.
Mi obbligano a tacere, quando vorrei urlare (a volte urlo, comunque).
Mi fanno alzare la domenica mattina presto per preparare biberon e fargli compagnia, quando vorrei dormire fino alle 11,00.
Mi obbligano a inventare storie, e a raccontarle, quando vorrei solo leggere il finale del mio libro.
Mi obbligano a cercare delle risposte, a domande che la maggior parte delle volte mi spiazzano, che non pensavo arrivassero così presto.
Mi obbligano a divertirmi, a fare bagni che superano i miei proverbiali "solo un tuffo per rinfrescarmi".
Non mi permettono di essere egoista quanto vorrei, fanno a pezzi le mie comodità (a volte anche i miei telefonini, per la verità), diventano lo specchio delle mie mancanze.
Eppure so di essere fortunata. So di essere ricca.
E certo, la mia vita è complicata.
Ma quanto mi piace.
[questo è ciò che avrei voluto rispondere a Mariangela, ma ci ho pensato solo due ore dopo la sua battuta, quando già lei era beatamente a casa sua, e non ricordava neanche più ciò che aveva detto. "Ricomincio da tre" docet.]
Corie e Mariangela hanno preso spesso il caffè insieme ad altre colleghe, chiacchierato del più e del meno, raccontato aneddoti della propria vita.
Poi un giorno, tra un libro antico e un altro, mentre discuteva di sigle di collocazioni e impronte, dice: "Certo, che se tu e tuo marito aveste un figlio solo, la tua vita sarebbe meno complicata."
Oh bella. E a chi avrei dovuto rinunciare esattamente dei tre.
A Bimba, alla sua intelligenza, alla sua praticità, e alle sue sindromi preadolescenziali, iniziate peraltro all'età di sei mesi.
A Bimbo, alla sua sorprendente fantasia, alla sua naturale allegria, e alle sue frustrantissime opposizioni.
A Gugu, alla sua dolcezza, ai suoi abbracci, alle sue scoperte, e alle sue monellerie.
Sai, è vero.
Sono così stanca che mi addormento mentre la parrucchiera mi fa lo shampoo,
se apro l'armadio mi cadono addosso tutti i panni da stirare,
non ho il tempo di farmi la manicure,
non faccio un viaggio da sola con Paul da tempo immemorabile,
non esco con le amiche se non due volte l'anno,
non guardo telegiornali, ma solo Masha e Orso, e mi piace pure,
non conosco le nuove boy band, ma canto solo le canzoncine di Masha ("siamo amici davvero" è la mia preferita),
col fatto che Paul è lontano tocca a me mettere regole, sentire piangere e poi consolare, mantenere le regole, e risentire piangere.
Ma sai che c'è.
I miei figli mi obbligano a essere migliore. O almeno mi fanno provare.
Mi obbligano a sorridere, quando sono le otto di sera e penso a quanto lavoro mi aspetta ancora.
Mi obbligano a tacere, quando vorrei urlare (a volte urlo, comunque).
Mi fanno alzare la domenica mattina presto per preparare biberon e fargli compagnia, quando vorrei dormire fino alle 11,00.
Mi obbligano a inventare storie, e a raccontarle, quando vorrei solo leggere il finale del mio libro.
Mi obbligano a cercare delle risposte, a domande che la maggior parte delle volte mi spiazzano, che non pensavo arrivassero così presto.
Mi obbligano a divertirmi, a fare bagni che superano i miei proverbiali "solo un tuffo per rinfrescarmi".
Non mi permettono di essere egoista quanto vorrei, fanno a pezzi le mie comodità (a volte anche i miei telefonini, per la verità), diventano lo specchio delle mie mancanze.
Eppure so di essere fortunata. So di essere ricca.
E certo, la mia vita è complicata.
Ma quanto mi piace.
[questo è ciò che avrei voluto rispondere a Mariangela, ma ci ho pensato solo due ore dopo la sua battuta, quando già lei era beatamente a casa sua, e non ricordava neanche più ciò che aveva detto. "Ricomincio da tre" docet.]
e direi che questa è l'unica cosa che conta
RispondiEliminae hai proprio ragione, non l'avevo mai vista in questi termini ma è così: i figli ti obbligano ad essere migliore. O almeno a provare.
Grazie Cori
mi hai dato materiale su cui riflettere!
Smack!
RispondiEliminaSignora Corie,
RispondiEliminail Suo è un post di estrema sensibilità e profondità. L'ho molto gustato e il Suo sentimentalismo a volte MELENSO (non so neanche che voglia dire con precisione questa parola) in questa circostanza è stato particolarmente gradevole.
Ho anche capito che forse è il caso di trovare soddisfazione nelle persone piuttosto che compiacersi nelle cose.
Oggi sono preoccupazioni ma domani saranno grandi gioie.
Grazie della lezione.
LACRIME NEWYORKESI