Una rosa per Giovanna


Anche i papi ogni tanto omaggiano le donne.

Urbano V, per esempio, donò a Giovanna I d'Angiò la rosa d'oro, la più solenne tra le onorificenze che il Papa riconosce a sovrani, regine, e santuari mariani.

Giovanna d'Angiò fu la prima donna a riceverne una, e tale rimase  per parecchio tempo. 

Dopo di lei, colei che poté vantarsene fu Eleonora del Portogallo, che comunque la ebbe in omaggio insieme al marito Federico III, Imperatore del Sacro romano impero (1452).

Il rito della rosa d'oro è un rito nato nell'Alto medioevo. La rosa è unta e benedetta dal Papa nella 4. domenica di quaresima, l'unica nella quale è permesso laetare, essere gioiosi, perché a metà del cammino liturgico di mortificazione legato alla quaresima. La letizia sta nel guardare verso la Resurrezione, lasciandosi alle spalle il deserto.

All'epoca in cui la ricevette Giovanna il rito era al culmine della sua pomposità: la rosa veniva benedetta nella palazzo Lateranense nel quale il Pontefice risiedeva, e dove avveniva l'unzione con balsamo e muschio. 

La rosa è d'oro come la regalità di Cristo; il rosso presente come rubino all'interno del bocciolo della rosa simboleggia la Passione; il profumo di muschio e balsamo è quello di Cristo, che "dovrebbe essere largamente diffuso dai suoi fedeli discepoli" (Leone XIII). 

 Secondo questo rito più solenne, il Papa si recava a cavallo con pubblica processione, tenendo la rosa nella mano sinistra,  fino alla Basilica di Santa Croce (quella di Roma, sull'Esquilino, fondata da Elena madre di Costantino), dove avveniva la donazione.  

[Fino al periodo avignonese, se non era un imperatore a ricevere la rosa, era il prefetto di Roma ma, dopo l'esperienza di Cola di Rienzo, è comprensibile che il Papato abbia guardato altrove]

Un dono del genere non avveniva per caso: è un'offerta solo apparentemente gratuita, una di quelle che crea aspettative, quanto meno gratitudine e leale alleanza.

E' pur vero che la nostra Giovanna se l'è meritata questa rosa. Fin da quando è diventata regina, a soli 17 anni, ogni suo passo è stato riferito, discusso, commentato, approvato o bocciato dal Pontefice di turno. E lei ne ha conosciuti cinque. Per esplicita volontà di suo nonno, re Roberto, che la designò al trono, sarebbe  stata coadiuvata da un consiglio di reggenza, nel quale non doveva mancare un legato pontificio, data anche la posizione di sottomissione degli angioini alla Chiesa.

Urbano V, al secolo Guillaime de Grimoard,  è  stato il sesto papa residente ad Avignone. Conosceva bene la regina Giovanna, poiché in gioventù era stato legato pontificio a Napoli.

Erano rimasti in buoni rapporti, almeno da quel che si evince dalle lettere di grande fiducia e confidenza con cui Giovanna lo informa delle vicissitudini del regno. Quando Urbano V sale al soglio pontificio,  nel 1362, Luigi di Taranto, suo secondo marito, era appena passato a miglior vita.  

Luigi era morto a maggio, e lei si risposa a dicembre. Urbano V venne costantemente informato delle proposte e delle intenzioni matrimoniali della regina. 

Appena rimasta vedova già due proposte si fanno avanti: una nientedimeno che dai Visconti, la roccaforte ghibellina in Italia, che solo per questo non avevano speranze in partenza; un'altra di Giovanni II di Francia che sponsorizzava il figlio Filippo, ma una cosa Giovanna finalmente l'aveva imparata: un uomo così potente l'avrebbe estromessa dal trono immediatamente. 

Giovanna I d'Angiò
Sebbene Urbano V non vedesse male l'unione con la Francia, si fece da parte, facendo scegliere alla regina il suo terzo consorte. Un principe consorte, appunto, che la coadiuvasse, senza metterla all'angolo, e senza favorire una grande casata europea. 

E peggio non si poté fare.

Giacomo IV di Maiorca fu una pagina tragica nella vita di Giovanna. Manifestò molto presto una fortissima infermità mentale, che si traduceva in violenza fisica e verbale, soprattutto nei confronti della Regina. Rivendicava il ruolo e il trono, e per tutta la vita sognò di riconquistare il trono del padre, a causa del quale fu imprigionato da Pietro IV d'Aragona, suo zio, per 14 anni. A quanto pare, lo zio lo aveva tenuto prigioniero in una gabbia. Lo squilibrio mentale era il meno che potesse succedergli.

Con queste premesse, il matrimonio durò poco. Nel 1366 Pietro ripartì alla ricerca di alleati per la riconquista del suo regno. Non ci riuscì mai, anzi Giovanna pagò poi un altro riscatto per liberarlo nel 1370 da un'altra prigionia. Anche questo su suggerimento di Urbano V.

 Quindi, nel 1368, benché formalmente sposata, Giovanna sedeva da sola sul trono di Napoli. Ed era sola. Le liti tra i cugini Durazzo, cui era legata la sorella Maria per matrimonio,  e i cugini di Taranto, parenti del suo secondo marito, cui si erano aggiunte le rivendicazioni anche dei Del Balzo, cugini acquisiti (vedere qui), ma soprattutto la mancanza di eredi diretti, il conflitto con gli aragonesi di Sicilia, la tenevano non poco occupata. 

Urbano V seguiva tutto punto per punto, e in molti casi si rivelò un vero gentiluomo. Per esempio, nella difesa della libertà e dell'incolumità di Giovannella, nipote della sovrana, che avrebbe dovuto sposare senza il suo consenso Federico III d'Aragona, e che per questo fu imprigionata. Urbano V vegliò su quella situazione e intervenne con decisione quando fu necessario per tutelare la ragazza.

Inoltre, ridusse il debito della regina fin quasi ai minimi termini. Da circa 350.000 fiorini si giunse a 38.000, di cui 15.000 le furono anticipati dal cardinale d'Albornoz, legato pontificio nel Regno e braccio destro armato di Urbano V.

Un braccio armato gli serviva, se voleva tornare in Italia. L'assenza da Roma non aveva creato disordini solo nella città, ma le terre dello stato pontificio erano state attaccate da ogni dove. In particolare i Visconti ne avevano approfittato largamente.   

Dall'altra parte, Urbano V desiderava tornare a Roma, incoraggiato com'era  anche dalle due sante più celebri del suo secolo, Santa Caterina da Siena e Santa Brigida di Svezia, nonché del Petrarca, che per ammaliarlo, gli decantò la bontà dei vini italiani (lettera del 28 giugno 1366).

Urbano V
E se Giovanna e Urbano V avevano avuto a che dire sulla politica matrimoniale di Giovannella, in politica estera erano in perfetta sintonia.

 A scortarlo nel suo rientro c'erano 23 galee inviate da Venezia, Genova, Pisa, Ancona , delle quali 7 erano della Regina Giovanna. Era il 16 ottobre 1367. La sua permanenza a Roma sarebbe durata solo 3 anni.

Per suggellare l'intesa, Giovanna promise al Papa 600 cavalieri per la lega contro i mercenari e le compagnie di ventura che mettevano in pericolo lo stesso pontefice, e si occupò della definizione dei confini del territorio pontificio di Benevento. L'alleanza tra Giovanna e Urbano V, grazie anche alla mediazione di Nicola Spinelli, gran cancelliere del Regno di Sicilia,  faceva sì che instaurasse anche una sorta di protettorato pontificio sulla Provenza, in modo da proteggerla dalle mire del re di Francia.

Il 17 marzo 1368 Giovanna I d'Angiò ebbe in dono da Urbano V la Rosa d'oro.

Solo per curiosità, la prima rosa donata dal Pontefice di cui si ha notizia è sempre tra un Urbano (all'epoca era il II) e un Angiò (nel 1097 era Folco d'Angiò).

Ultimo atto della loro amicizia fu il matrimonio combinato tra la nipote di Giovanna, Margherita, figlia di sua sorella Maria, e Carlo III di Durazzo, primo cugino di Margherita, già adottato da Giovanna come possibile erede. 

E anche quello non fu un buon affare. 


Bibliografia:

 Mario Gaglione, Converà ti que aptengas la flor : profili di sovrani angioini, da Carlo 1. a Renato (1266-1442), Lampi di stampa, 2009

Marina Caffiero, L'antico mistero della rosa d'oro, in Les destin des rituel, Ecole francaise de Rome, 2008 

https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanna-i-d-angio-regina-di-sicilia_%28Dizionario-Biografico%29

https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_d%27oro

https://it.cathopedia.org/wiki/Rosa_d%27Oro

https://it.frwiki.wiki/wiki/Rose_d%27or

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